In Inghilterra e nelle colonie nordamericane il suo nome è stato per anni sinonimo di terrore. Dopo tanti saccheggi, stupri, uccisioni, la forca ha chiuso il sipario. Tornerà in vita nei tanti romanzi d’avventura che si ispireranno alla sua figura, possiamo scommetterci. William Kidd, per molti soltanto Capitan Kidd, aveva iniziato la sua “carriera” in vesti più nobili rispetto a quelle del volgare pirata. Nato in Scozia intorno al 1645, si era trasferito a vivere a New York nel 1664, quando la città era da poco passata dal dominio olandese a quello scozzese abbandonando il nome originario di Nuova Amsterdam. Poteva guadagnarsi da vivere facendo il mercante, invece scelse il lato in qualche modo regolamentato della pirateria. Divenne corsaro al servizio di Sua Maestà, ottenendo una nave chiamata Adventure Galey e un equipaggio di 80 uomini. Svolse con indomita passione il suo lavoro, che consisteva nell’intercettare le navi francesi e pirata al fianco delle coste del Madagascar. Da lì il successivo passaggio alle vesti di pirata, il predare solo per se stessi indipendentemente dalla nazionalità di chi si ha di fronte. Uno dei suoi ex sottoposti, sulla sua pagina facebook, lo ricorda come un uomo brutale ed irruento ma coraggioso e dotato di grande forza fisica. Cita inoltre l’avvenimento che di fatto lo condannò, il giorno in cui colpì alla testa il cannoniere William Moore colpevole di averlo sfidato. La morte del poveretto, sopraggiunta in seguito ai danni riportati, è stata il pretesto della sua impiccagione. Vittima del recente scontro tra Tories e Whigs nel Parlamento inglese. Prelevato a New York e condotto a Londra, processato per pirateria e omicidio, giustiziato sulle rive del Tamigi. Sul web sono comparse le foto impressionanti dell’esecuzione, avvenuta in più fasi. Alcuni tg le hanno mostrate senza rispetto, noi diremo solo che la prima corda si è spezzata, costringendo il boia a riacciuffarlo e impiccarlo una seconda volta con un cappio più robusto. Può darsi che Kidd non fosse un grande pirata, certamente ha conquistato un posto imperituro nel nostro immaginario.
(23 maggio 1701)
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