Muore così, ucciso con un solo colpo, il 16° presidente degli Stati Uniti. Il primo Repubblicano, destinato a entrare nella storia di questa grande e giovane nazione. L’uomo che guidò gli stati dell’Unione durante la Guerra di Secessione portando il paese a una ritrovata unità, colui che ha modernizzato lo stato, abolito la schiavitù ridando dignità a milioni di esseri umani. Due mandati presidenziali, inframmezzati dall’impegno come avvocato, lottando anche contro l’ala più radicale del suo partito Repubblicano. Stasera, al Ford’s Theatre, dove si trovava assieme alla moglie per assistere alla commedia musicale Our American Cousin, la sua vita è giunta ad un cruento epilogo. La morte lo ha raggiunto per mano dell’attore originario della virginia John Wilkes Booth, simpatizzante sudista. Booth ha atteso che Lincoln prendesse posto nel palco residenziale, per poi fare irruzione e freddarlo sparandogli alla testa con una pistola calibro 44. Il motto della Virginia “Sic semper tirannis” (“così sia per tutti i tiranni”, ripreso dalla frase di Bruto dopo l’uccisione di Cesare) è uscito dalla bocca dell’omicida. A questo punto, stando alle testimonianze, sarebbe saltato giù dal palco rompendosi una gamba. Assai improbabile che Booth abbia agito da solo, si apre dunque una caccia all’uomo che si indirizzerà in più direzioni. Sul sito del governo statunitense piovono intanto messaggi di cordoglio e attestati di stima verso il Presidente, misti alla soddisfazione compiaciuta di oppositori irriducibili (tra cui naturalmente sostenitori dello schiavismo). Quel che conta, a questo punto, è saper gestire la sua eredità politica e morale.
(14 aprile 1865)
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